Codice Deontologico - Codice di Condotta Professionale
Premessa
Il Codice Deontologico, previsto dallo Statuto dell’UCP – Unione Counseling Professionale, ha lo scopo di precisare l'etica professionale, le norme e i principi di condotta a cui il counselor deve attenersi nell'esercizio della propria professione.
La conoscenza, la condivisione e il rispetto del presente codice deontologico, nonché l’osservanza delle norme e dei principi in esso contenuti, requisito imprescindibile per l’iscrizione all’Associazione.
Il codice deontologico fa riferimento alla professione di counselor così come definita dall’UCP –Unione Counseling Professionale, secondo la definizione accolta dal Ministero dello Sviluppo Economico nell’ambito dell’applicazione della Legge 4/2013: “Il counseling professionale è un'attività il cui obiettivo è il miglioramento della qualità di vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione. Il counseling offre uno spazio di ascolto e di riflessione, nel quale esplorare difficoltà relative a processi evolutivi, fasi di transizione e stati di crisi e rinforzare capacità di scelta o di cambiamento. E' un intervento che utilizza varie metodologie mutuate da diversi orientamenti teorici. Si rivolge al singolo, alle famiglie, a gruppi e istituzioni. Il counseling può essere erogato in vari ambiti, quali privato, sociale, scolastico, sanitario, aziendale”.
Articolo 1 (Principi generali)
1. Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti.
2. Il counselor è tenuto al rispetto delle leggi vigenti dello Stato italiano o dello Stato estero dove si trova ad operare e comunque nel rispetto del presente codice.
3. La responsabilità deontologica è personale. L'inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice Deontologico ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono puniti con le sanzioni disciplinari previste dal presente Codice Deontologico. Le sanzioni comminate saranno adeguate alla gravità degli atti o delle omissioni commesse.
4. Le competenze del counselor sono costituite dall'iter formativo nonché dal successivo e costante aggiornamento e dalla supervisione, così come stabilito nel Regolamento Interno. Il counselor riconosce i confini del proprio ambito di competenza e si impegna ad operare esclusivamente in tale ambito.
5. Il counselor si assume la responsabilità professionale del proprio operato, osservando il rispetto dei diritti della persona, agendo con trasparenza, coerenza ed onestà, esplicitando il proprio ruolo professionale, le proprie competenze e la propria metodologia.
Articolo 2 (Competenza professionale)
1. Il counselor opera nel rispetto delle proprie competenze e i propri confini professionali, rispettando le competenze e le specificità delle altre professioni.
2. Il counselor riconosce i limiti della propria professione e fornisce al cliente le informazioni circa la propria figura professionale e la metodologia del proprio operato.
3. Il counselor non deve ingenerare aspettative infondate nel proprio cliente, non deve utilizzare indebitamente la fiducia del rapporto professionale per conseguire ingiusti vantaggi e non deve approfittare dell'eventuale influenza che può avere sul proprio cliente.
4. Il counselor è tenuto a mantenere un livello adeguato di competenza professionale con un aggiornamento permanente.
Articolo 3 (Rapporto con gli utenti)
1. Il counselor, nel rapporto con gli utenti, non deve essere influenzato da pregiudizi relativi al sesso, alla razza, alla politica, alla classe sociale ed alla religione.
2. Il counselor rispetta il diritto del cliente alla libertà di scelta del professionista a cui rivolgersi.
3. Il counselor, qualora ne ravvisi la necessità, può subordinare il proprio intervento all'espletamento – da parte del cliente – di altre consulenze professionali.
4. Il counselor si impegna a custodire rigorosamente il segreto professionale, perciò ad avere cura del materiale che si riferisce agli utenti, salvaguardandolo da ogni indiscrezione. Nelle attività di counseling di gruppo il counselor, nella fase iniziale, impegna i componenti del gruppo al rispetto della riservatezza.
5. Il minore ha diritto al mantenimento del segreto professionale nei confronti di chi ne esercita la potestà genitoriale. Se il segreto può comportare un rischio per il minore, il counselor dovrà segnalare la situazione a chi esercita la potestà genitoriale informando preventivamente il minore stesso. Il counselor che nell'esercizio della sua professione venga a conoscenza di qualsiasi forma di sfruttamento e/o violenza su un minore da parte di terzi, anche con questi consenziente, nell'interesse prevalente del minore, assumendosene la responsabilità di fronte alla legge, valuterà la possibilità di violare il segreto professionale, segnalando la situazione a chi esercita la potestà genitoriale o, in caso di latitanza o di complicità della stessa, all'Autorità Giudiziaria competente.
6. Il counselor è tenuto al rispetto della normativa vigente sul trattamento dei dati personali del cliente e di terzi con cui sia venuto in contatto in relazione all'esercizio dell'attività professionale.
7. La rivelazione del segreto professionale da parte del counselor è obbligatoria qualora vi sia una richiesta legittima dell'Autorità Giudiziaria e comunque in tutti i casi previsti dalla normativa vigente. Il counselor metterà il cliente al corrente di tale obbligo. In tale sede il counselor riferirà solo quanto appreso direttamente in occasione del rapporto professionale. La rivelazione del segreto professionale è consentita altresì solo con il consenso scritto del cliente, purché non sia leso il diritto alla segretezza di altre persone.
8. Per quanto concerne riprese e/o registrazioni audiovisive il counselor è tenuto a raccogliere, nel rispetto della normativa vigente, il consenso del cliente.
9. Il counselor in ogni sua comunicazione, sia all'interno di convegni scientifici che di attività didattiche o comunque di qualsiasi tipo, è tenuto ad evitare ogni riferimento che possa ricondurre ad una identificazione soggettiva relativa a quanto esposto nella comunicazione stessa.
10. Il counselor comunica sin dal primo incontro il compenso per la propria prestazione, non subordinabile.
11. Qualora rilevi che il cliente necessiti di un intervento diverso da quello di counseling, è tenuto ad indirizzare lo stesso al professionista che ritiene più adeguato.
12. Il counselor nella fase iniziale del rapporto con il cliente fornirà allo stesso tutte le informazioni necessarie affinché il consenso alla prestazione sia effettivamente informato, libero e consapevole.
13. Le prestazioni professionali nei confronti di minori sono subordinate al consenso informato – debitamente documentato – che dovrà essere rilasciato da coloro che esercitano la potestà genitoriale o da chi ne fa le veci.
14. Il counselor è tenuto ad informarsi in merito ad eventuali situazioni di contenzioso tra genitori e comunque alla situazione giuridica del minore.
15. Il counselor evita commistioni tra ruolo professionale e vita privata che possano interferire con la propria attività professionale.
16. Il counselor non deve svolgere la propria attività professionale nei confronti di coloro con i quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, affettiva, sentimentale, sessuale.
17. Costituisce grave mancanza instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale.
18. Il counselor valuta se interrompere il rapporto professionale quando lo stesso non porta alcun vantaggio per il cliente oppure se viene meno il rapporto di fiducia e fornisce al cliente tutte le informazioni necessarie per la prosecuzione del rapporto professionale con altri professionisti.
19. Il counselor interrompe il rapporto se ravvisa la necessità dell'intervento di altro professionista.
20. Il counselor può interrompere il rapporto professionale altresì per giusta causa come, a titolo meramente esemplificativo, un trasferimento o uno stato di malattia.
Articolo 4 (Attività di ricerca)
1. Il counselor, durante l'attività di ricerca, informa preventivamente i soggetti interessati al fine di ottenerne il consenso informato.
2. Il counselor garantisce ai soggetti interessati la piena facoltà di ritirare il consenso fornito e/o di ritirarsi dalla ricerca.
3. Qualora la ricerca coinvolga minori il counselor acquisisce tale consenso dagli esercenti la patria potestà o la tutela, fermo restando il diritto del minore coinvolto a ritirarsi dalla ricerca.
Articolo 5 (Rapporto con colleghi ed altri professionisti)
1. Il counselor promuove e favorisce gli scambi e la collaborazione fra i colleghi.
2. Il counselor può avvalersi dei contributi e della collaborazione di altri specialisti, con i quali cercherà sempre di realizzare delle opportunità di scambio e di integrazione.
3. Il counselor è tenuto al rispetto della professionalità dei colleghi e a mantenere rapporti basati su lealtà e correttezza.
4. Al counselor è vietato ogni intervento di esclusiva competenza sanitaria.
Articolo 6 (Funzioni disciplinari)
1. La UCP vigila sulla tutela del titolo professionale ed ha facoltà di adottare, di diritto o dopo apertura di procedimento disciplinare, sanzioni nei riguardi dei propri iscritti.
2. Il Collegio dei Probiviri sottopone a procedimento disciplinare e ad eventuali conseguenti sanzioni gli iscritti alla UCP che si rendano responsabili di mancanze o abusi nell'esercizio della professione o che, comunque, si comportino in modo non conforme alla dignità e al decoro della professione o in presenza di esplicite disposizioni di legge.
Articolo 7 (Procedimento disciplinare)
1. Quando pervengano esposti nei confronti di un iscritto, assunti in piena responsabilità dal denunziante e/o circostanziati nei fatti, riguardo ad atti e condotte che possono avere rilevanza deontologica e formare oggetto di provvedimento disciplinare, il Collegio dei Probiviri valuta la necessità di una istruttoria. L'istruttoria se attivata dovrà essere svolta entro trenta giorni.
2. A seguito dei dati scaturiti dall'istruttoria, il Collegio dei Probiviri delibera l'apertura del procedimento disciplinare del quale viene data notizia all'interessato a mezzo lettera raccomandata R/R in cui viene menzionata la sede e la data del dibattimento, l'interessato può essere assistito da un legale e chiedere la presenza di testimoni.
3. Il dibattimento viene tenuto in seduta giudicante dal Collegio dei Probiviri, i quali al termine dello stesso dovranno redigere il verbale con i relativi provvedimenti e motivazioni. Entro i venti giorni successivi al dibattimento, all'interessato deve pervenire un atto di notifica del provvedimento assunto.
4. Il provvedimento può essere impugnato. Il riesame verrà effettuato dal Collegio dei Probiviri unitamente al Consiglio Direttivo Nazionale. I provvedimenti disciplinari precedentemente assunti possono essere modificati, confermati o annullati sia per motivi di illegittimità che per motivi di merito.
Articolo 8 (Sanzioni disciplinari)
1. Le sanzioni che il Collegio dei Probiviri può comminare sono:
Avvertimento, ovvero la contestazione della mancanza o dell'abuso e il richiamo all'interessato ai doveri e alla dignità professionale per infrazioni modeste, compiute più per leggerezza che per deliberato proposito. L'Avvertimento viene comunicato con lettera raccomandata R/R dal Presidente del Collegio dei Probiviri.
Censura: consiste in una contestazione e biasimo formale per la mancanza o l'abuso commesso e deve essere notificata all’interessato per mezzo di lettera raccomandata R/R a firma del Presidente del Collegio dei Probiviri.
Sospensione dell'esercizio professionale si riferisce ad ogni circostanza prevista dal codice penale, come l’emissione di un mandato o di un ordine di cattura, l’interdizione dei pubblici uffici o dalla professione per effetto di una sentenza passata in giudicato con condanna penale di durata inferiore ai due anni. La sospensione può essere comminata anche in caso di mancato aggiornamento professionale. La sospensione è assunta in forma deliberativa e può avere la durata massima di un anno; viene notificata all’interessato per mezzo di lettera raccomandata R/R a firma congiunta del Presidente dell’associazione e del Presidente del Collegio dei Probiviri.
Radiazione dall’elenco degli iscritti e la conseguente espulsione dall’Associazione, che possono essere pronunciate quando l’iscritto abbia gravemente compromesso la propria reputazione e/o la dignità della categoria professionale. La radiazione e l’espulsione possono essere comminate anche in caso di mancato aggiornamento professionale. La radiazione e l’espulsione vengono notificate all’interessato per mezzo di lettera raccomandata R/R a firma congiunta del Presidente dell’associazione e del Presidente del Collegio dei Probiviri.
Il Codice Deontologico, previsto dallo Statuto dell’UCP – Unione Counseling Professionale, ha lo scopo di precisare l'etica professionale, le norme e i principi di condotta a cui il counselor deve attenersi nell'esercizio della propria professione.
La conoscenza, la condivisione e il rispetto del presente codice deontologico, nonché l’osservanza delle norme e dei principi in esso contenuti, requisito imprescindibile per l’iscrizione all’Associazione.
Il codice deontologico fa riferimento alla professione di counselor così come definita dall’UCP –Unione Counseling Professionale, secondo la definizione accolta dal Ministero dello Sviluppo Economico nell’ambito dell’applicazione della Legge 4/2013: “Il counseling professionale è un'attività il cui obiettivo è il miglioramento della qualità di vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione. Il counseling offre uno spazio di ascolto e di riflessione, nel quale esplorare difficoltà relative a processi evolutivi, fasi di transizione e stati di crisi e rinforzare capacità di scelta o di cambiamento. E' un intervento che utilizza varie metodologie mutuate da diversi orientamenti teorici. Si rivolge al singolo, alle famiglie, a gruppi e istituzioni. Il counseling può essere erogato in vari ambiti, quali privato, sociale, scolastico, sanitario, aziendale”.
Articolo 1 (Principi generali)
1. Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti.
2. Il counselor è tenuto al rispetto delle leggi vigenti dello Stato italiano o dello Stato estero dove si trova ad operare e comunque nel rispetto del presente codice.
3. La responsabilità deontologica è personale. L'inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice Deontologico ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono puniti con le sanzioni disciplinari previste dal presente Codice Deontologico. Le sanzioni comminate saranno adeguate alla gravità degli atti o delle omissioni commesse.
4. Le competenze del counselor sono costituite dall'iter formativo nonché dal successivo e costante aggiornamento e dalla supervisione, così come stabilito nel Regolamento Interno. Il counselor riconosce i confini del proprio ambito di competenza e si impegna ad operare esclusivamente in tale ambito.
5. Il counselor si assume la responsabilità professionale del proprio operato, osservando il rispetto dei diritti della persona, agendo con trasparenza, coerenza ed onestà, esplicitando il proprio ruolo professionale, le proprie competenze e la propria metodologia.
Articolo 2 (Competenza professionale)
1. Il counselor opera nel rispetto delle proprie competenze e i propri confini professionali, rispettando le competenze e le specificità delle altre professioni.
2. Il counselor riconosce i limiti della propria professione e fornisce al cliente le informazioni circa la propria figura professionale e la metodologia del proprio operato.
3. Il counselor non deve ingenerare aspettative infondate nel proprio cliente, non deve utilizzare indebitamente la fiducia del rapporto professionale per conseguire ingiusti vantaggi e non deve approfittare dell'eventuale influenza che può avere sul proprio cliente.
4. Il counselor è tenuto a mantenere un livello adeguato di competenza professionale con un aggiornamento permanente.
Articolo 3 (Rapporto con gli utenti)
1. Il counselor, nel rapporto con gli utenti, non deve essere influenzato da pregiudizi relativi al sesso, alla razza, alla politica, alla classe sociale ed alla religione.
2. Il counselor rispetta il diritto del cliente alla libertà di scelta del professionista a cui rivolgersi.
3. Il counselor, qualora ne ravvisi la necessità, può subordinare il proprio intervento all'espletamento – da parte del cliente – di altre consulenze professionali.
4. Il counselor si impegna a custodire rigorosamente il segreto professionale, perciò ad avere cura del materiale che si riferisce agli utenti, salvaguardandolo da ogni indiscrezione. Nelle attività di counseling di gruppo il counselor, nella fase iniziale, impegna i componenti del gruppo al rispetto della riservatezza.
5. Il minore ha diritto al mantenimento del segreto professionale nei confronti di chi ne esercita la potestà genitoriale. Se il segreto può comportare un rischio per il minore, il counselor dovrà segnalare la situazione a chi esercita la potestà genitoriale informando preventivamente il minore stesso. Il counselor che nell'esercizio della sua professione venga a conoscenza di qualsiasi forma di sfruttamento e/o violenza su un minore da parte di terzi, anche con questi consenziente, nell'interesse prevalente del minore, assumendosene la responsabilità di fronte alla legge, valuterà la possibilità di violare il segreto professionale, segnalando la situazione a chi esercita la potestà genitoriale o, in caso di latitanza o di complicità della stessa, all'Autorità Giudiziaria competente.
6. Il counselor è tenuto al rispetto della normativa vigente sul trattamento dei dati personali del cliente e di terzi con cui sia venuto in contatto in relazione all'esercizio dell'attività professionale.
7. La rivelazione del segreto professionale da parte del counselor è obbligatoria qualora vi sia una richiesta legittima dell'Autorità Giudiziaria e comunque in tutti i casi previsti dalla normativa vigente. Il counselor metterà il cliente al corrente di tale obbligo. In tale sede il counselor riferirà solo quanto appreso direttamente in occasione del rapporto professionale. La rivelazione del segreto professionale è consentita altresì solo con il consenso scritto del cliente, purché non sia leso il diritto alla segretezza di altre persone.
8. Per quanto concerne riprese e/o registrazioni audiovisive il counselor è tenuto a raccogliere, nel rispetto della normativa vigente, il consenso del cliente.
9. Il counselor in ogni sua comunicazione, sia all'interno di convegni scientifici che di attività didattiche o comunque di qualsiasi tipo, è tenuto ad evitare ogni riferimento che possa ricondurre ad una identificazione soggettiva relativa a quanto esposto nella comunicazione stessa.
10. Il counselor comunica sin dal primo incontro il compenso per la propria prestazione, non subordinabile.
11. Qualora rilevi che il cliente necessiti di un intervento diverso da quello di counseling, è tenuto ad indirizzare lo stesso al professionista che ritiene più adeguato.
12. Il counselor nella fase iniziale del rapporto con il cliente fornirà allo stesso tutte le informazioni necessarie affinché il consenso alla prestazione sia effettivamente informato, libero e consapevole.
13. Le prestazioni professionali nei confronti di minori sono subordinate al consenso informato – debitamente documentato – che dovrà essere rilasciato da coloro che esercitano la potestà genitoriale o da chi ne fa le veci.
14. Il counselor è tenuto ad informarsi in merito ad eventuali situazioni di contenzioso tra genitori e comunque alla situazione giuridica del minore.
15. Il counselor evita commistioni tra ruolo professionale e vita privata che possano interferire con la propria attività professionale.
16. Il counselor non deve svolgere la propria attività professionale nei confronti di coloro con i quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, affettiva, sentimentale, sessuale.
17. Costituisce grave mancanza instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale.
18. Il counselor valuta se interrompere il rapporto professionale quando lo stesso non porta alcun vantaggio per il cliente oppure se viene meno il rapporto di fiducia e fornisce al cliente tutte le informazioni necessarie per la prosecuzione del rapporto professionale con altri professionisti.
19. Il counselor interrompe il rapporto se ravvisa la necessità dell'intervento di altro professionista.
20. Il counselor può interrompere il rapporto professionale altresì per giusta causa come, a titolo meramente esemplificativo, un trasferimento o uno stato di malattia.
Articolo 4 (Attività di ricerca)
1. Il counselor, durante l'attività di ricerca, informa preventivamente i soggetti interessati al fine di ottenerne il consenso informato.
2. Il counselor garantisce ai soggetti interessati la piena facoltà di ritirare il consenso fornito e/o di ritirarsi dalla ricerca.
3. Qualora la ricerca coinvolga minori il counselor acquisisce tale consenso dagli esercenti la patria potestà o la tutela, fermo restando il diritto del minore coinvolto a ritirarsi dalla ricerca.
Articolo 5 (Rapporto con colleghi ed altri professionisti)
1. Il counselor promuove e favorisce gli scambi e la collaborazione fra i colleghi.
2. Il counselor può avvalersi dei contributi e della collaborazione di altri specialisti, con i quali cercherà sempre di realizzare delle opportunità di scambio e di integrazione.
3. Il counselor è tenuto al rispetto della professionalità dei colleghi e a mantenere rapporti basati su lealtà e correttezza.
4. Al counselor è vietato ogni intervento di esclusiva competenza sanitaria.
Articolo 6 (Funzioni disciplinari)
1. La UCP vigila sulla tutela del titolo professionale ed ha facoltà di adottare, di diritto o dopo apertura di procedimento disciplinare, sanzioni nei riguardi dei propri iscritti.
2. Il Collegio dei Probiviri sottopone a procedimento disciplinare e ad eventuali conseguenti sanzioni gli iscritti alla UCP che si rendano responsabili di mancanze o abusi nell'esercizio della professione o che, comunque, si comportino in modo non conforme alla dignità e al decoro della professione o in presenza di esplicite disposizioni di legge.
Articolo 7 (Procedimento disciplinare)
1. Quando pervengano esposti nei confronti di un iscritto, assunti in piena responsabilità dal denunziante e/o circostanziati nei fatti, riguardo ad atti e condotte che possono avere rilevanza deontologica e formare oggetto di provvedimento disciplinare, il Collegio dei Probiviri valuta la necessità di una istruttoria. L'istruttoria se attivata dovrà essere svolta entro trenta giorni.
2. A seguito dei dati scaturiti dall'istruttoria, il Collegio dei Probiviri delibera l'apertura del procedimento disciplinare del quale viene data notizia all'interessato a mezzo lettera raccomandata R/R in cui viene menzionata la sede e la data del dibattimento, l'interessato può essere assistito da un legale e chiedere la presenza di testimoni.
3. Il dibattimento viene tenuto in seduta giudicante dal Collegio dei Probiviri, i quali al termine dello stesso dovranno redigere il verbale con i relativi provvedimenti e motivazioni. Entro i venti giorni successivi al dibattimento, all'interessato deve pervenire un atto di notifica del provvedimento assunto.
4. Il provvedimento può essere impugnato. Il riesame verrà effettuato dal Collegio dei Probiviri unitamente al Consiglio Direttivo Nazionale. I provvedimenti disciplinari precedentemente assunti possono essere modificati, confermati o annullati sia per motivi di illegittimità che per motivi di merito.
Articolo 8 (Sanzioni disciplinari)
1. Le sanzioni che il Collegio dei Probiviri può comminare sono:
Avvertimento, ovvero la contestazione della mancanza o dell'abuso e il richiamo all'interessato ai doveri e alla dignità professionale per infrazioni modeste, compiute più per leggerezza che per deliberato proposito. L'Avvertimento viene comunicato con lettera raccomandata R/R dal Presidente del Collegio dei Probiviri.
Censura: consiste in una contestazione e biasimo formale per la mancanza o l'abuso commesso e deve essere notificata all’interessato per mezzo di lettera raccomandata R/R a firma del Presidente del Collegio dei Probiviri.
Sospensione dell'esercizio professionale si riferisce ad ogni circostanza prevista dal codice penale, come l’emissione di un mandato o di un ordine di cattura, l’interdizione dei pubblici uffici o dalla professione per effetto di una sentenza passata in giudicato con condanna penale di durata inferiore ai due anni. La sospensione può essere comminata anche in caso di mancato aggiornamento professionale. La sospensione è assunta in forma deliberativa e può avere la durata massima di un anno; viene notificata all’interessato per mezzo di lettera raccomandata R/R a firma congiunta del Presidente dell’associazione e del Presidente del Collegio dei Probiviri.
Radiazione dall’elenco degli iscritti e la conseguente espulsione dall’Associazione, che possono essere pronunciate quando l’iscritto abbia gravemente compromesso la propria reputazione e/o la dignità della categoria professionale. La radiazione e l’espulsione possono essere comminate anche in caso di mancato aggiornamento professionale. La radiazione e l’espulsione vengono notificate all’interessato per mezzo di lettera raccomandata R/R a firma congiunta del Presidente dell’associazione e del Presidente del Collegio dei Probiviri.